“Le specie invasive non colpiscono solo la natura, ma anche le persone e causano terribili perdite di vite umane”, ha dichiarato il co-presidente Anibal Pauchard dell’Istituto cileno di ecologia e biodiversità1.
Il volto del nostro ambiente si sta trasformando, messo a repentaglio da una nuova e crescente minaccia: le specie aliene invasive, ospiti indesiderati giunti in terre diverse dal loro habitat naturale. Un problema che, con il passare del tempo, è sempre più evidente, con conseguenti impatti di portata globale, quali alterazioni irreversibili degli ecosistemi, gravi perdite economiche ed impatti sulla sicurezza alimentare e sulla salute. Ma cosa sono queste specie invasive? Quali pericoli nascondono?
Il rapporto dell’IPBES (Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) getta luce su questa realtà sempre più attuale. Evidenziando che il problema delle specie aliene è globale e in costante aumento, il rapporto identifica tali esemplari come specie il cui insediamento in un’area è attribuibile principalmente ad attività umane che hanno consentito loro di superare i limiti naturali del loro areale2. Queste specie possono essere infatti introdotte dall’uomo, o volontariamente o in modo accidentale, ad esempio, tramite operazioni commerciali e rotte turistiche, così come da eventi di altra natura quali i cambiamenti climatici che possono spingere la loro migrazione.
Cosa sono le specie aliene invasive
Guardando ai numeri, il report fornisce cifre impressionanti: oltre 37.000 specie aliene sono state introdotte dall’attività umana in tutte le regioni e i biomi della Terra, con una media di circa 200 nuove specie all’anno. Tra tutte le specie aliene, circa 3.500 sono considerate invasive3. Le specie aliene invasive si distinguono dalle specie aliene a causa dell’impatto negativo che esse possono avere sulla biodiversità. Nello specifico, esse rappresentano uno dei cinque principali driver della perdita di biodiversità, insieme ai cambiamenti nell’uso del territorio (come l’agricoltura intensiva e l’urbanizzazione) e nell’uso del mare (come la pesca intensiva o l’inquinamento marino), allo sfruttamento delle risorse naturali, al cambiamento climatico e all’inquinamento. Infatti, una volta introdotte in un ambiente diverso da quello di origine, queste possono avere un impatto negativo sugli ecosistemi locali, contribuendo addirittura all’estinzione della flora e della fauna autoctone4. Molto rilevanti possono essere anche le conseguenze economiche. Un recente studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Ecology and the Environment, condotto dagli scienziati del progetto DAISE (“Delivering alien invasive species inventories for Europe”) ha individuato le 100 specie invasive che hanno l’impatto più significativo sotto il profilo economico, oltre che ambientale. Le analisi condotte mettono in luce il notevole impatto dei vertebrati terrestri su diversi servizi ecosistemici. Ad esempio, la nutria, un roditore semi-acquatico originario del Sudamerica, provoca danni ai raccolti e alla vegetazione ed erode gli argini dei fiumi, scavando cunicoli. Gli invertebrati terrestri, pur influenzando un numero più limitato di aree, causano danni economici di maggiore rilievo, soprattutto nell’agricoltura e nella silvicoltura. Nel Regno Unito, si stima che le perdite di raccolti causati dagli artropodi non autoctoni ammontino a circa 3 milioni di euro, mentre l’Italia ha investito circa 1 milione di euro per il controllo degli esemplari della specie Anoplophora glabripenniss (noto anche come tarlo asiatico del fusto). I costi principali associati alle specie invasive sono riconducibili ai tentativi di monitorare, controllare e sradicare questi invasori, come pure ai programmi educativi e di sensibilizzazione. Settori quali agricoltura, silvicoltura e pesca, sono particolarmente colpiti da tali impatti5.
Impatto economico
Parlando in termini generici, nel 2019 l’impatto economico a livello globale è stato stimato in oltre 423 miliari di dollari, quadruplicato in ogni decennio dal 1970, evidenziando il peso finanziario derivante dalle specie aliene invasive sul nostro ecosistema e sull’economia mondiale6.
In aggiunta, considerando che il 60% delle malattie infettive umane ha origine dalle zoonosi, ovvero malattie trasmesse dagli animali, queste specie possono fungere da veicolo per la diffusione di nuove patologie7.
Impatto ambientale
Vediamo qualche esempio concreto degli impatti sull’ambiente, sull’economia e sulla salute. Nel contesto del Mar Mediterraneo e del Mar Nero, il granchio blu è un esempio di specie invasiva che ha sollevato gravi preoccupazioni. Originario dell’Atlantico occidentale, questo granchio ha proliferato in modo aggressivo nel Mediterraneo, tramite il trasporto nell’acqua di zavorra delle navi (ovvero una pratica che comporta il caricamento di una quantità d’acqua a bordo delle navi per raggiungere il peso ideale). Tale specie invasiva causa perturbazioni agli ecosistemi marini e minaccia le specie native, come, ad esempio, le vongole ed altri molluschi, che sono particolarmente vulnerabili alle aggressioni del granchio blu8.
Un’altra specie aliena invasiva di rilievo è rappresentata dalla zanzara dengue. Originaria dell’Africa, questa zanzara si è diffusa su scala globale a causa dei viaggi internazionali e del commercio internazionale. Le sue capacità di adattamento e di riproduzione rapida permettono a questa specie di prosperare in ambienti urbani, specialmente nelle aree tropicali e subtropicali. La zanzara dengue suscita particolare preoccupazione in quanto rappresenta un efficiente vettore di diverse malattie virali, tra cui la febbre dengue, la febbre gialla, il virus Zika e il chikunguya9.
Le sfide poste dalle specie invasive come il granchio blu e la zanzara dengue riflettono la natura complessa delle minacce ambientali che l’umanità affronta, ma di cui spesso ne è la causa. Strettamente interconnessi, il degrado dell’ambiente naturale e il cambiamento climatico possono influenzarsi vicendevolmente, in una catena causa-effetto dal risultato dirompente.
Il cambiamento climatico, in particolare, sta causando lo scioglimento accelerato dei ghiacciai in molte parti del mondo, rilasciando virus e batteri che sono rimasti bloccati per millenni nel ghiaccio. Tra questi microrganismi potenzialmente pericolosi vi possono essere virus sconosciuti o estinti da tempo, così come batteri resistenti agli antibiotici. Una volta rilasciati, questi agenti patogeni potrebbero diffondersi tra gli ecosistemi circostanti e, potenzialmente, anche tra gli esseri umani, creando nuove minacce per la loro salute10.
In conclusione, l’analisi condotta dagli esperti ha confermato la possibilità di prevenire e gestire le specie aliene invasive. Il Rapporto IPBES, infatti, sostiene che esistono efficaci strumenti di prevenzione, come la biosicurezza alle frontiere e i controlli rigorosi sulle importazioni, e soprattutto sottolinea che la consapevolezza e l’impegno da parte di tutta la società costituiscono le leve principali per limitare la diffusione di tale fenomeno, fino ad arrivare ad una corretta prevenzione e gestione dello stesso. Il tema delle specie aliene invasive è stato già riconosciuto come uno degli obiettivi prioritari concordati durante la Cop15 sulla biodiversità, tenutasi a Montreal nel dicembre 2022, tra i 23 target globali da raggiungere entro il 203011. Questo impegno riflette la determinazione nel contrastare l’introduzione e la diffusione di specie dannose per gli ecosistemi, agendo con urgenza e in cooperazione globale in modo da preservare la diversità biologica del nostro pianeta da questi ospiti indesiderati.
Articolo redatto con il contributo tecnico di PricewaterhouseCoopers Business Services S.r.l.
Il Gruppo AXA Italia non risponde dei contenuti degli articoli pubblicati
Fonti
[2] https://www.ipbes.net/IASmediarelease
[8] https://www.fao.org/gfcm/news/detail/en/c/1438849/
[9] https://www.epicentro.iss.it/zanzara/
[10] https://unearthed.greenpeace.org/2020/07/03/arctic-permafrost-pandemic-life-uh-finds-a-way/