Gli animali da compagnia fanno parte da sempre della vita di moltissimi italiani. Negli ultimi 3 anni, però, la Pandemia e i conseguenti lockdown hanno incrementato il numero di animali domestici, e parallelamente anche quello di proprietari spesso alle prime armi. Secondo uno studio condotto da Google Trends, nella fase iniziale del primo lockdown (aprile e maggio 2020) parole chiave come “adozione cani” e “adozione gatti” sono state cercate il 250% in più rispetto allo stesso periodo del 2019 e, in effetti, l’ultimo rapporto Assalco-Zoomark conferma che le famiglie con animali sono cresciute di circa un milione in un anno (+9%), attestandosi a 12,2 milioni nel 2021. Nelle case degli italiani vivono infatti oltre 62 milioni di animali d’affezione (di fatto uno per ogni abitante), di cui 16 milioni sono cani e gatti. Scendendo ancora più nel dettaglio, una famiglia su quattro ha un cane, una su cinque un gatto. Ma, mentre i neoproprietari di cani danno per scontato che il nuovo arrivato abbia bisogno di un po’ di addestramento, le persone che scelgono un gattino, raramente pensano che abbia bisogno di essere educato.
I gatti sono animali indipendenti per definizione, che tendono a trascorrere la maggior parte del tempo da soli e a fare ciò che desiderano senza ascoltare l’essere umano o senza creare una relazione con lui. Ciò nonostante, resta comunque fondamentale educarli, soprattutto da piccoli, per assicurarsi una convivenza piacevole. Ovviamente, addestrare un gatto non significa insegnargli a camminare al guinzaglio o a dare la zampa ma, un percorso di addestramento può aiutare il micio, per esempio, a sentirsi a proprio agio in determinate situazioni che generalmente sono per lui fonte di stress come l’utilizzo del trasportino, i viaggi in macchina, la toelettatura e le visite dal veterinario. Infine, trascorrere
insieme del tempo di qualità non potrà che rafforzare il rapporto umano-animale. Se è vero che i gatti, a differenza dei cani, non sono mai stati allevati selettivamente per migliorare la loro capacità di cooperare e comunicare con l’uomo, con il quale non hanno un’innata affinità, è anche vero che studi scientifici hanno dimostrato che anche i gatti sono in grado di imparare i comandi e quindi di essere addestrati. Un esempio? Ogni gatto risponde al suono dell’apertura di una scatoletta o al rovistare del cucchiaio nella busta dei croccantini accorrendo verso il suo essere umano che, inconsapevolmente, gli ha impartito un ordine. Il gatto ha infatti imparato, grazie all’esperienza e al rinforzo positivo, che quei rumori sono associati alla somministrazione del cibo, quindi a un premio, e, di conseguenza, tutte le volte che li sentirà, risponderà con un’azione che non avrà deciso lui ma che saremo stati noi a provocare con un comando.
Come addestrare un gatto
Educare un gatto non è un’impresa impossibile, poiché curiosità e voglia di imparare fanno parte della natura felina. Ecco alcuni consigli pratici per rendere l’addestramento un’esperienza piacevole per entrambi.
- Iniziare ad addestrare il gatto fin da cucciolo: anche se non ci sono studi che dimostrano che i cuccioli sono più addestrabili è indubbio che un gatto adulto si stanchi prima e sia più lento nell’apprendimento.
- Usare un tono di voce dolce e incoraggiante: i gatti non nascono con un’innata affinità con gli umani e devono essere esposti a un trattamento gentile e per imparare che siamo amici piuttosto che nemici.
- Addestrare il gatto prima della pappa: quando ha fame è più reattivo.
- Iniziare il training solo se il gatto è sereno e rilassato. È importante assicurarsi che il gatto si trovi in un posto in cui si senta a proprio agio e che abbia la possibilità di allontanarsi o di terminare la sessione quando vuole.
- Scegliere uno spazio dove non vi siano altre distrazioni, ad esempio con persone che arrivano e se ne vanno, e individuare il momento del giorno e il luogo in cui l’addestramento riesce meglio, in modo da poter ripetere le stesse condizioni anche la volta successiva.
- Identificare in modo chiaro l’obiettivo, ad esempio entrare nel trasportino quando gli viene chiesto o lasciarsi maneggiare per tagliare le unghie. Suddividere l’azione in piccoli momenti e addestrare il micio un passo alla volta con piccole sessioni da 10 minuti al massimo per non annoiarlo o confonderlo.
- Controllare che il gatto non stia perdendo interesse, interpretando i suoi segnali di disagio come ad esempio girare la testa dall’altra parte, leccare il naso, scuotere la testa, sollevare una zampa, avere attacchi improvvisi di auto-pulitura, avere un aspetto curvo o teso, avere la coda che si contrae o martellante e le orecchie ruotate o appiattite. Se succede, interrompere l’addestramento e ricominciare in un secondo momento.
- L’addestramento del gatto deve basarsi sulle ricompense e non sulla disciplina, poiché l’animale non è in grado di capire il senso di un divieto o di una punizione.
- Usare il rinforzo positivo: ogni volta che il gatto obbedisce al comando, premiarlo con una piccola ricompensa che può essere cibo, coccole o giochi. È utile avere pronte un po’ di scelte diverse e alternarle per mantenere vivo l’interesse del micio. Attenzione però perché la ricompensa deve essere immediata, altrimenti il gatto non riuscirà ad associare il premio con la buona riuscita dell’esercizio.
- Elargire le ricompense frequentemente all’inizio dell’addestramento e meno spesso man mano che si prosegue.
- Tenere i premi lontano dalla vista del micio durante gli addestramenti per non farlo concentrare su come portarli via piuttosto che sull’azione che vogliamo che compia.
- Ripetere gli esercizi usando sempre gli stessi comandi, sia verbali che gestuali per evitare che si confonda: per addestrare un gatto ci vuole costanza e pazienza.
Alcuni errori da evitare
Insomma, per educare un gatto bisogna solo scegliere la giusta ricompensa e il giusto metodo. Ci sono tuttavia alcuni errori che impediscono di ottenere il massimo dal percorso di apprendimento. Vediamo quali sono i più comuni:
- Addestrare il gatto prima dei quattro mesi di età.
- Abituare un cucciolo a giocare mordendo o graffiando le mani; quando sarà cresciuto non riuscirà ad abbandonare questa abitudine.
- Punire il gatto con gesti inconsulti o urla eccessive: i suoi comportamenti, che spesso interpretiamo come dispetti, sono richieste di attenzione o segnalazioni di un disagio e le urla e i gesti inconsulti potrebbero spaventarlo e mostrarci ai suoi occhi come un nemico dal quale difendersi.
- Considerare il gatto diverso da quello che è: un animale con abitudini, esigenze e istinti propri che non vanno “umanizzati”.
Fonti
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fvets.2021.647308/full
https://www.assalco.it/archivio10_documento-generico_0_1334_168_5.html