“Without nature, we are nothing”. Con queste parole, pronunciate nel dicembre 2022 durante la XV Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, il segretario generale delle Nazioni Unite ha lanciato un allarme di risonanza internazionale [1]. Due settimane dopo, al termine degli incontri, è stato approvato da più di 190 paesi un accordo storico per fermare e invertire il declino della natura entro il 2030 [2]: il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework.
Da dove nasce l’esigenza di un’azione internazionale? Secondo le Nazioni Unite, un milione di specie animali e vegetali è a rischio di estinzione, il livello più alto di perdita di vita sulla terra dalla scomparsa dei dinosauri [1]. Inoltre, l’azione umana ha alterato il 75% del suolo e il 66% degli oceani del globo terrestre [3]. In altre parole, il benessere del pianeta è sempre più a rischio e di conseguenza anche l’esistenza umana. Se si considerano anche gli effetti negativi del cambiamento climatico in aggiunta ai danni dell’uomo, le conseguenze per gli ecosistemi naturali e la nostra civiltà sembrano inevitabili.
Metà del PIL globale dipende infatti dai servizi offerti dalla natura [4]. Basti pensare al ruolo degli insetti impollinatori, senza i quali la disponibilità di prodotti agricoli e di piante ad uso medico calerebbe drasticamente. La diminuzione di queste specie avrebbe dunque significative ripercussioni a livello sia nazionale che internazionale, riducendo la disponibilità di cibo in un mondo dal crescente fabbisogno alimentare e danneggiando settori chiave quali l’agroalimentare e il farmaceutico.
Altrettanto critica è la potenziale assenza o contaminazione di acqua. Essenziale per la vita e la salute degli esseri viventi, l’acqua è tra i beni naturali più preziosi. La scarsità di acqua, infatti, non solo ha ripercussioni negative in molteplici settori economici, da quello energetico a quello tessile, minacciando interi processi produttivi, ma costituisce anche una potenziale causa di conflitti.
O cosa accadrebbe a paesi, come l’Italia, che godono di una ricchezza paesaggistica famosa in tutto il mondo, nel caso quest’ultima fosse danneggiata? Milioni di turisti non avrebbero più alcun motivo di visitare un luogo che di “Bel Paese” avrebbe solo il ricordo.
Si potrebbero citare molteplici altri esempi relativi all’importanza dei servizi che la natura offre all’uomo. Ovunque si trovino, in questo preciso momento miliardi di persone stanno godendo dei benefici naturali, che sia aria pulita, acqua potabile o la bellezza di un paesaggio. Più un ecosistema è degradato, più il benessere della società umana è a rischio o, riprendendo le parole delle Nazioni Unite, “Without nature, we are nothing”.
Si potrebbe infatti affermare che il degrado della natura e il cambiamento climatico rientrino tra i principali nemici dell’uomo. Strettamente interconnessi, questi due fenomeni possono influenzarsi vicendevolmente, in una catena causa-effetto dal risultato dirompente. Se da una parte l’aumento delle temperature può influenzare l’habitat di specie vegetali e animali, modificandone i comportamenti e perfino diminuendone il numero, è altrettanto possibile che cambiamenti negli ecosistemi acuiscano gli effetti del cambiamento climatico. Ad esempio, in caso di degrado della barriera corallina o altre strutture marine dalla medesima funzione di contenimento delle maree, l’impatto delle alluvioni risulterebbe ancora più distruttivo per le aree costiere colpite.
È dunque necessario rivolgere il proprio impegno verso il raggiungimento di emissioni zero, e allo stesso tempo, la protezione del benessere del pianeta nella sua interezza. In questa direzione stanno già virando enti internazionali, compagnie e consumatori, includendo sempre più le questioni relative alla biodiversità all’interno delle proprie scelte. Ne sono un esempio la spinta a livello europeo per il raggiungimento di un modello di economia circolare (maggiori informazioni disponibili nell’apposito articolo), le innovazioni in ambito agricolo per un più efficiente uso delle risorse naturali e il crescente interesse dei consumatori verso prodotti sempre più sostenibili, meno dannosi per la natura.
In questo contesto, che ruolo possono svolgere le compagnie assicurative? In quanto assicuratori responsabili, possono aumentare la resilienza delle aziende e della più ampia società, offrendo prodotti volti alla protezione contro gli impatti derivanti dal degrado degli ecosistemi.
In quanto investitori responsabili, possono indirizzare i propri investimenti verso aziende e iniziative attive nella protezione della natura. Il Gruppo AXA, per esempio, ha deciso di includere la questione legata alla perdita delle biodiversità nella propria strategia climatica, attraverso una strategia globale che le singole entity stanno gradualmente implementando. A maggio 2022, AXA Italia è scesa in campo a sostegno dell’ambiente contribuendo alla creazione della Foresta Sottomarina di Posidonia in Sardegna (leggi l’approfondimento [5]) con l’obiettivo di agire concretamente per tutelare la biodiversità marina, lottare contro i cambiamenti climatici e contrastare l’erosione marina.
L’assicuratore, dunque, facendo leva sulla propria conoscenza del panorama di rischio, può promuovere una maggiore consapevolezza e contribuire in questo modo ad essere preparati in caso di future avversità.
Articolo redatto con il contributo tecnico di PricewaterhouseCoopers Business Services S.r.l.
Il Gruppo AXA Italia non risponde dei contenuti degli articoli pubblicati
Fonti
[1] https://news.un.org/en/story/2022/12/1131422