Recentemente l’Economist, nella sua rubrica Buttonwood’s notebook, ha pubblicato un post che approfondisce un’importante dinamica relativa ai fondi pensione: l’impatto della volatilità dei mercati sui risparmi a lungo termine. Si mette in luce l’eventualità che tali risparmi, ad esempio i fondi pensione complementari, se investiti non correttamente, possono essere soggetti all’alta volatilità dei mercati.
Crediamo che sia un ottimo spunto di riflessione e lo abbiamo tradotto per voi.
Oggi, le pensioni complementari a prestazione definita stanno sparendo dal mercato privato e sempre più lavoratori dipenderanno esclusivamente sui contributi versati nelle loro pensioni complementari a contribuzione definita. [1] (circa 400 mila negli USA).
Ma come Pablo Antolin dell’OCSE ha riportato alla case Business School, i risultati di questo ultimo tipo di fondo pensione possono essere altamente volatili.
L’OCSE ha realizzato una simulazione per vedere quali risultati otterrebbe un lavoratore che risparmi il 5% del suo salario ogni anno per 40 anni, investendoli in un portfolio 60/40 azioni/obbligazioni.
Tasso di sostituzione
Negli Stati Uniti, il maggior tasso di sostituzione ottenuto è stato del 50%, raggiunto nel periodo della “bolla della new economy” intorno al 2000. Chi è andato in pensione anche solo 10 anni dopo ha ottenuto un tasso del 20%. Una grande differenza. Questi pensionati hanno ottenuto una prestazione pensionistica inferiore solo per colpa di quando sono nati.
Il gap è addirittura maggiore in Inghilterra, dove il tasso di sostituzione raggiunge il 70% agli inizi degli anni ’90 e adesso scende sotto il 35%.
In Giappone, il tasso è scivolato dal 70% della fine degli anni ’80 al 10% di oggi. (…)
In generale, come AQR Group ha calcolato, il probabile rendimento di un investimento 60/40 azioni/obbligazioni è ai minimi storici da un secolo a questa parte.
Ma cosa si può fare?
I fondi pensione basati sull’evoluzione della vita del cliente, che spostano gradualmente gli investimenti verso le obbligazioni man mano che si avvicina il pensionamento, evitano i rischi di volatilità proprio negli ultimi anni. Ma dobbiamo risparmiare di più e più a lungo.
Un’altra simulazione dell’OCSE dimostra come la probabilità di raggiungere un determinato tasso di sostituzione dipende dalla quantità e durata dei versamenti.
Facciamo due esempi:
1) ipotizziamo uno stato che garantisce una buona pensione pubblica[2] e di avere come obiettivo il raggiungimento di una pensione integrativa pari al 30% del proprio ultimo reddito; se si risparmia il 10% dello stipendio per 40 anni si ha il 92% di possibilità di raggiungere l’obbiettivo. Mentre se si salva il 5% per 2 anni, le chances di raggiungere l’obiettivo sono meno del 3%.
2) ipotizziamo uno stato con una bassa pensione pubblica e di avere come obbiettivo il raggiungimento di una pensione integrativa pari al 70% del proprio ultimo reddito. In questo caso risparmiare il 10% per 40 anni da solo il 53% di possibilità di raggiungere l’obiettivo (e il 5% per 20 anni da un possibilità di circa lo 0,1%).
In conclusione, un costante, prolungato e soprattutto corretto investimento dei propria risparmi, rimane l’unica soluzione per garantirsi una vecchiaia serena.
[1] E’ il caso dei fondi pensioni e dei piani pensionistici individuali presenti in Italia
[2] L’Italia, al momento, viene considerata tra questa tipologia di stati.