Tfr: in azienda o in un fondo? Come decidere sul trattamento di fine rapporto
Previdenza

Tfr: in azienda o in un fondo? Come decidere sul trattamento di fine rapporto

Tutto è nato davanti a un brunch domenicale: “Ma voi cosa avete deciso di fare con il vostro TFR?”.

La domanda è di quelle che ti spiazzano, specie se sei in uno dei posti più affollati di Milano e stai gustandoti quella fetta di cheescake cui hai pensato per giorni dopo una dieta ferrea. A farla è Marco, un amico di 35 anni, che di recente è stato assunto con contratto a tempo indeterminato. Ed è una domanda che esige risposta: stanno per scadere i 6 mesi entro cui deve comunicare alla sua azienda se vuole mantenere all’interno il trattamento di fine rapporto o destinare quella somma a un fondo pensione individuale o negoziale (ossia fondi che sono legati a una categoria professionale). Anche perché, in caso di silenzio assenso, sarà come propendere per la prima decisione.

Ci guardiamo tutti e, dopo uno smarrimento iniziale, ognuno comincia a dire la sua. I pareri non sono unanimi: tra chi oscilla tra contratti a tempo e partita IVA, chi fino a qualche mese fa aveva solo contratti a progetto e chi al trattamento di fine rapporto, essendo stato assunto da 10 anni, ha pensato tanto tempo fa, ognuno ha un parere diverso e anche, ammettiamolo, conoscenze diverse.

Fernando, 40 anni e appunto stabile da 10, dice di avere scelto tanto tempo fa e continua a sostenere questa scelta: “Il Tfr in un fondo pensione mi consentirà di avere una rendita vitalizia quando avrò finito di lavorare e soprattutto mi rende molto di più rispetto al Tfr in azienda. Mi è sembrato logico optare per questa soluzione”.

Elena, anni 34, che salta da un contratto all’altro non è assolutamente d’accordo: “Cambio spesso e quei soldi mi sono indubbiamente utili per affrontare eventuali spese durante quei periodi in cui non guadagno quasi nulla. E poi concludere un rapporto con una “buonuscita” vuol dire chiuderlo bene”.

Ma non solo: lasciare il Tfr in azienda vuol dire disporre poi di un capitale per aprire un’attività per esempio, ma anche sposarsi, acquistare casa, dare l’anticipo su un affitto o, perché no, fare il viaggio della propria vita.

Previdenza contro liquidità?

Eppure nessuno dei due ha torto, ma sicuramente Fernando, accennando ai rendimenti ha aperto un capitolo consistente. In generale affidare a un fondo il proprio Tfr – che poi può essere integrato anche con altre somme – garantisce un rendimento maggiore rispetto alla liquidazione lasciata in azienda. Quest’ultima infatti si rivaluta ogni anno del 75% del tasso inflazione più un 1,5% fisso e in casi – rari – di deflazione potrebbe addirittura essere svalutata.

Certo, c’è da dire che il rendimento di un fondo pensione varia in base agli investimenti effettuati e al profilo di rischio scelto.

Per chi mira a mettere dei soldi da parte e vuole utilizzare il fondo come un piano risparmio, sicuramente questo è un aspetto del “destino del Tfr” da non trascurare. E più sono gli anni che mancano alla pensione, più alto è il rendimento e inferiore, appunto a lungo termine, il carico fiscale.

Sono le stesse cose che Fernando spiega a Marco che però continua a essere perplesso: “E se tra 5 anni volessi comprarsi casa o perdessi il lavoro?”. Nel primo caso, forse il fondo non è la soluzione giusta o almeno non immediata. Perché bisogna far passare 8 anni per ottenere il 75% dell’importo versato, stessa cosa se si decide di ristrutturare casa.

Quanto al lavoro, paradossalmente un fondo può essere una garanzia.

In che senso? Se per esempio un’azienda va in fallimento e non riesce a pagare i propri dipendenti l’avere il Tfr in un fondo può voler dire continuare ad avere dei risparmi in un “luogo” ai quali attingere in caso di estrema necessità (ovviamente sempre considerando “i tempi” o i motivi che determinano tale scelta) così come cambiare lavoro di continuo, può dare almeno la certezza che mentre si lavora sull’instabilità attuale si prova a garantirsi un futuro più “stabile”.

Se avete fatto scattare il consenso assenso, forse non lo sapete: siete sempre in tempo per cambiare idea, la situazione inversa è invece irreversibile (dal fondo all’azienda) a meno che appunto non si sia chiuso un rapporto di lavoro con un’azienda e si stia iniziando con un’altra.

Infine, last but not least: in questi giorni cominciano in cui si parla di dichiarazione dei redditi, un fondo rientra nelle spese deducibili, fino a 5.165mila euro l’anno.

E Marco? Ha scelto per ora il silenzio assenso, ma intanto sta studiando tutti i fondi possibili e immaginabili.

D’altra parte, decisioni così importanti non si prendono nel tempo di… un brunch.

Scritto da:Newsroom
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