Definizione semplice
La probabilità di raggiungere traguardi di età molto avanzati è notevolmente aumentata in questi ultimi decenni tanto che, continuando con questi ritmi, si può prevedere che oltre la metà dei bambini nati oggi possa arrivare al centesimo compleanno. In questo processo di cambiamento la penisola italiana si è imposta come una delle aree del pianeta in cui si vive più a lungo. Le donne presentano una speranza di vita oramai vicina agli 85 anni e gli uomini a 79. Livelli significativamente più elevati si trovano solo in Giappone. In Italia nel 2050 sarà over 65 una persona su tre, contro il valore di uno su cinque di oggi e di meno uno su dieci negli anni Cinquanta.
Ma non solo: l’Italia negli anni Novanta è stata il primo paese al mondo nel quale il numero di anziani ha superato quello dei bambini. Se ancora negli anni settanta per ogni persona anziana con 65 anni o più si avevano due ragazzi con meno di 15 anni, nel 2030 tale rapporto risulterà rovesciato, ovvero ci saranno due anziani per ciascun bambino.
Il confronto con gli altri paesi, evidenzia come l’Italia presenti una struttura per età tra le più squilibrate in Europa. Solo la Germania si trova, dal punto di vista demografico, in condizioni simili. È l’unico paese, assieme al nostro, con un peso degli anziani sulla popolazione attiva superiore al 30%. Quello che però penalizza l’Italia è la bassa occupazione. Se mettiamo in relazione non tanto gli anziani alla popolazione attiva, ma gli anziani inattivi sul totale della popolazione occupata emerge che siamo l’unico paese in Europa nel quale tale rapporto è salito a uno su due e con previsioni più fosche sull’evoluzione dei prossimi decenni.
A determinare questa situazione concorrono ovviamente diversi fattori: non solo il fatto che ci troviamo con una maggior proporzione di anziani, ma anche, e soprattutto, il fatto che siamo uno dei paesi sviluppati che presentano più bassi tassi di attività femminile e in età matura.
Se ci spingiamo ulteriormente oltre nell’analisi del fenomeno della longevità notiamo che all’interno della popolazione anziana, la componente che sta aumentando più velocemente è quella dei grandi anziani. Si tratta di un “invecchiamento nell’invecchiamento”. Gli over 80 erano poco più di mezzo milione nel 1951 e sono ora pari circa a 3 milioni e 500 mila e sono destinati a salire fino a 8 milioni e 300 mila secondo le più recenti previsioni Istat. Se ad inizio degli anni Novanta la popolazione italiana è stata la prima al mondo a vedere gli under 15 superati dagli over 65, nel 2051 gli under 15 si troveranno, secondo le previsioni, superati anche dagli over 80.
Al di là di queste considerazioni che inquadrano e descrivono il fenomeno della longevità da un punto di vista quantitativo e cercano dunque di pesare l’impatto che l’aumento degli anziani avrà sulla macrostruttura socio-economica del paese, è opportuno esplicitare anche il tema del cambiamento del vissuto della longevità e delle diverse età della vita degli individui. Se infatti da un lato assistiamo all’aumento di anziani e grandi anziani, dall’altro è sotto gli occhi di tutti il differente approccio all’invecchiamento che in questi ultimi anni ha prodotto una vera e propria trasformazione culturale: se la longevità diventa un’aspirazione condivisa dalla maggioranza degli italiani, la qualità della vita ne è il parametro fondamentale di riferimento.
Leggendo i risultati di questa domanda si evidenzia come le aspettative legate all’invecchiamento sono molto elevate e gli italiani, allontanatisi dallo stereotipo del pensionato poco attivo, tutt’al più un nonno dedito alla cura dei nipotini, sognano invece un’età che sappia ancora stupire, ricca di emozioni e di progetti da realizzare, in cui cioè ‘sentirsi ancora giovani’.
Accanto a questo fenomeno, un altro elemento testimonia del diverso approccio al passare degli anni: slittano infatti sempre più in là le soglie per considerarsi adulto, anziano e grande anziano. Se in media gli italiani pensano che si diventi adulti a 33 anni, l’8,1% pensa che lo si diventi a 35 anni e il 15,8% a 40 anni. Per quanto riguarda l’anzianità, in media gli italiani indicano la soglia dei 66 anni, ma il 36% pensa che si debbano aspettare i 70 anni per considerare una persona anziana e il 7% si spinge fino ai 75 anni. I grandi anziani sono infine considerate persone che hanno raggiunto gli 80 anni, ma il 13,3% pensa che la soglia dovrebbe essere quella degli 85 anni e il 14% aspetterebbe addirittura i 90 anni.
Queste considerazioni sembrerebbero riportare in auge il mito del ‘forever joung’, ma in realtà è ben chiaro agli italiani che non solo con il passare degli anni si deve imparare a vivere diversamente – facendo i conti con una crescita di tempo libero ma anche un venire meno fisiologico di forza fisica ed energia –, ma soprattutto che le aspettative circa l’allungamento della vita devono innanzitutto fare i conti con la consapevolezza dell’accorciamento del welfare e dunque con le incertezze relative al venire meno di servizi prima dati per scontati – tra tutti il trattamento pensionistico. Inoltre una vita sempre più lunga porterà inevitabilmente anche a una domanda crescente di assistenza e cura per i soggetti non più autosufficienti.
Le trasformazioni demografiche e sociali in atto pongono dunque nuove sfide per il settore privato: la longevità come rischio-opportunità coinvolge oggi infatti una pluralità di attori, dalla società civile al settore privato, fino allo Stato, con un’assunzione di responsabilità individuale e collettiva. In particolare per il mondo delle assicurazioni emerge l’opportunità di farsi interpreti delle nuove esigenze, offrendo un modello di protezione adeguato alle generazioni future e ai cambiamenti sociali in corso.
La qualità della vita e il mantenimento dello stile di vita, se erano dati un tempo per contati ora rappresentano un nuovo obiettivo da raggiungere. Questo comporta dunque una riflessione e un ripensamento generale di queste categorie alla luce di nuovi modelli di sviluppo sostenibile.
Descrizione tecnica
Per longevità si intende la durata massima di vita degli individui di una determinata specie. Per quanto non si riesca ancora a ‘pesare’ i diversi fattori che entrano in gioco nel determinarla, la comunità scientifica è concorde nel ritenere che all’origine del fenomeno della longevità umana siano presenti sia fattori genetici, dunque ereditari, che ambientali. Questo significa che esistono famiglie di ‘longevi’ e alcune particolari comunità in cui è possibile riscontrare il fenomeno non solo più frequentemente ma anche su più generazioni – i figli e i nipoti di individui longevi avrebbero maggiori probabilità di vivere a lungo. Ma significa anche che le migliori condizioni di vita, di igiene, di alimentazione, le scoperte mediche, farmacologiche e tecnologiche hanno permesso alle persone – e a sempre più persone – di vivere sempre più a lungo.
Soprattutto se ricondotto a quest’ultimo insieme di fattori – ambientali, culturali e tecnologici –, il termine longevità viene spesso usato in senso lato come sinonimo di ‘vita media’ di una popolazione e sta dunque a indicare il processo di allungamento della vita media a cui abbiamo assistito nell’ultimo secolo.
Possiamo ad esempio ricordare che se a inizio Ottocento in nessun paese del mondo la vita media era superiore ai 40 anni, oggi in nessun paese al mondo si scende al di sotto dei 45 anni, mentre nei paesi sviluppati è norma arrivare agli 80 anni.
Il fenomeno del vivere più a lungo acquista ulteriore interesse per i demografi se studiato nella sua interazione con altri indicatori dello stato di salute di una popolazione quali il tasso di natalità – il rapporto tra il numero dei nati vivi dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente –, il tasso di mortalità – il rapporto tra il numero dei decessi nell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente –, l’indice di dipendenza anziani – il rapporto tra popolazione di 65 anni e più e popolazione in età attiva (15-64 anni) –, l’indice di vecchiaia – il rapporto tra popolazione di 65 anni e più e popolazione di età 0-14 anni.
Dall’incrocio di questi indicatori è così possibile capire (e misurare) ad esempio se il nostro essere un paese in cui mediamente si vive a lungo ci porta ad essere anche un paese ‘vecchio’, in cui cioè c’è un’alta concentrazione di persone inattive perché anziane e un basso rapporto tra over 65enni e under 14enni.