Definizione semplice
È ormai riconosciuto da tutti i protagonisti della vita del paese che i giovani si trovano ad affrontare maggiori e inaspettate difficoltà rispetto alle generazioni precedenti. Cresce infatti dal 2002 a oggi la convinzione che i giovani avranno meno possibilità di fare carriera e che il futuro non ci riserverà nulla di buono.
Questa consapevolezza si affianca agli effetti negativi che la crisi economica sembra riservare con maggiore accanimento proprio verso quelle generazioni più esposte alle incertezze del futuro: da un lato infatti gli italiani pensano che la crisi avrà come principale effetto l’aumento della disoccupazione e della precarietà lavorativa dei giovani, dall’altro le difficoltà che il paese sta affrontando si concretizzano in una maggiore fatica delle famiglie ad aiutare i propri figli. Viene meno così sia il welfare pubblico che quello informale, ma fondamentale per la coesione sociale, offerto tradizionalmente dalle famiglie.
In questo contesto in cui debolezze temporanee si sommano a difficoltà strutturali legate a un sistema di welfare non più sostenibile, corriamo il rischio che la ‘società longeva’ si trasformi in un peso mortale sulle spalle delle generazioni future.
Per evitare tutto ciò è necessario che si verifichino alcune auspicabili trasformazioni. Innanzitutto si dovrà pervenire a una rivisitazione del rapporto con il lavoro. Questo graduale processo, che porterà necessariamente a un’estensione progressiva del lavoro durante l’arco della vita delle persone, potrà portare con sé contemporaneamente diversi benefici quali: una cittadinanza più attiva e partecipe, maggiori disponibilità di spesa per i singoli consumatori, maggiori entrate per lo stato.
Un cambiamento del mondo del lavoro che sappia coniugare maggiore flessibilità, maggiore valorizzazione delle professionalità e della collaborazione, potrà così sostenere anche l’evoluzione del concetto di pensione in protezione progressiva e l’abbandono di un paradigma insostenibile. Soprattutto, potrà favorire una ridefinizione del patto generazionale che parta da nuove rappresentazioni del ciclo di vita e della sua evoluzione funzionale.
Per raggiungere questi obiettivi sarà necessario il coinvolgimento e l’impegno di tutti gli attori in campo: gli individui privati con le reti e le loro risorse relazionali; lo Stato e gli enti assicurativi privati, con i loro strumenti di protezione specifici. Ma soprattutto sarà importante continuare a lavorare sul fronte dell’education per favorire una sempre maggiore consapevolezza sui rischi legati alla longevità e una maggiore responsabilizzazione, soprattutto tra i giovani e verso le generazioni future.
Descrizione tecnica
Il dibattito sull’Equità intergenerazionale nasce negli Stati Uniti negli anni Ottanta e arriva in Europa un decennio più tardi. Il contesto di riferimento è caratterizzato dai profondi cambiamenti demografici in atto dalla seconda metà del Novecento: il fenomeno della longevità crescente e soprattutto l’aumento del rapporto tra popolazione anziana inattiva e popolazione attiva. A partire da queste premesse, il dibattito si avvia dalla considerazione che, a causa della diminuzione delle disponibilità economiche e a causa degli squilibri demografici, le risorse stanziate per le generazioni anziane non potranno essere ugualmente garantite alle generazioni successive. Detto altrimenti: le generazioni più anziane si sono avvantaggiate di un trattamento insostenibile, e dunque iniquo, che sta ricadendo sulle generazioni più giovani, di fatto escluse da tali privilegi e in maggiori difficoltà se considerati i profondi cambiamenti del mercato del lavoro e la crisi economica che stenta a passare.
A partire da queste considerazioni l’equità intergenerazionale si prefigge di studiare e approntare modelli socio-economici attuabili, basati sul dovere delle generazioni presenti di garantire pari opportunità alle generazioni future.
La riflessione sull’equità intergenerazionale si sofferma così su temi economico-lavorativi, di accesso ai servizi, di cittadinanza e si connette anche al tema della sostenibilità: le generazioni future dovranno cioè poter disporre di un patrimonio di risorse naturali e culturali adeguato. Per permettere l’affermazione di un tale paradigma diventa necessario adottare un orizzonte temporale diverso da quello utilizzato nella pianificazione economica, estendere l’attenzione da un futuro immediato ad un futuro più lontano, prevedendo, in linea di massima, le conseguenze e gli effetti cumulativi delle scelte attuali sul benessere delle future generazioni. Passando così da uno sfruttamento illimitato delle risorse economiche ed ambientali a una loro gestione lungimirante e ponderata.
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