Crescita demografica e longevità: l’Italia di fronte alle sfide dell’invecchiamento della popolazione
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Crescita demografica e longevità: l’Italia di fronte alle sfide dell’invecchiamento della popolazione

Negli ultimi decenni, la popolazione mondiale non solo è cresciuta rapidamente ma è diventata anche più longeva. In questo contesto, l’Italia si posiziona al secondo posto tra i paesi più vecchi al mondo, subito dopo il Giappone, ottenendo la medaglia d’oro in Europa sia per quanto riguarda l’età media, pari a quasi 46 anni, sia per il numero di anziani, ovvero delle persone che superano i 65 anni di età, sul totale della popolazione, pari a circa il 23%. Leggi di più.

Negli ultimi decenni, la popolazione mondiale non solo è cresciuta rapidamente ma è diventata anche più longeva. In questo contesto, l’Italia si posiziona al secondo posto tra i paesi più vecchi al mondo, subito dopo il Giappone, ottenendo la medaglia d’oro in Europa sia per quanto riguarda l’età media, pari a quasi 46 anni, sia per il numero di anziani, ovvero delle persone che superano i 65 anni di età, sul totale della popolazione, pari a circa il 23%.

Il Rapporto dell’Osservatorio sulla Long Term Care, curato dall’Università Bocconi in collaborazione con Essity Italy, ha recentemente tracciato un profilo della nostra società evidenziando come grazie al miglioramento dell’alimentazione, delle cure e degli stili di vita, l’aspettativa di vita sia effettivamente aumentata rispetto al passato. Un trend in continua crescita almeno fino al 2047, quando si prevede che gli over 65 saranno quasi 20 milioni, pari al 34% della popolazione italiana.

Un dato, quello italiano, in linea con la tendenza mondiale: secondo il rapporto Word Social 2023, pubblicato dall’ONU, si prevede che il numero di persone di 65 anni o più in tutto il mondo, circa 800 milioni di individui nel 2021, raddoppierà entro il 2050 fino a raggiungere quota 1,6 miliardi.

Questi dati sono sicuramente positivi, ma allo stesso tempo rivelano nuove sfide: ad esempio, è importante non solo aumentare l’aspettativa di vita, ma anche garantire che gli over 65 possano invecchiare bene. Sebbene l’indicatore “speranza di vita a 65 anni” sia di 21 anni, aggiungendo la variabile “senza limitazione delle attività” questa prospettiva scende infatti drasticamente a meno di 10 anni di vita in salute.

Non stupisce quindi che la principale paura di più di un quarto degli italiani intervistati nel corso del 57° rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, sia legata alla perdita di autosufficienza e alla conseguente difficoltà economica connessa a questa situazione. Nessuno vorrebbe non essere più in grado di svolgere le semplici attività quotidiane come lavarsi, mangiare o muoversi in autonomina e in molti temono di dover pagare qualcuno per ricevere assistenza diventando così un peso e una spesa per i propri cari.

Anche se il 42% degli over 65 continua a rappresentare un importante supporto economico per tutta la rete familiare, quando si parla di invecchiamento della popolazione, è inevitabile pensare anche all’aspetto economico e a come questo possa gravare sulla famiglia e sulla collettività.

Per questo il Censis pone l’attenzione sulla precarietà che percepiscono le famiglie italiane impegnate nella gestione di una situazione di non autosufficienza.

Se da un lato, infatti, le persone in condizioni di non autosufficienza hanno diritto a un’indennità di accompagnamento, e i parenti assunti con contratto di lavoro dipendente abbiano la possibilità di beneficiare di alcune giornate di assenza retribuita, dall’altro questi sussidi non sono sufficienti per coprire le spese sostenute per assistere una persona non autosufficiente.

I dati ci dicono infatti che, per far fronte alla perdita di autosufficienza, si fa sempre più ricorso alle risorse private: sebbene il 49,1% degli intervistati dichiari di occuparsi personalmente, come caregiver, di un parente non autosufficiente, con conseguenze sulla principale attività lavorativa, si stima che ogni anno vengano spesi oltre 9 miliardi di euro per le badanti e quasi 5 miliardi di euro per il pagamento delle rette delle RSA.

In conclusione, la percezione dell’89,7% del campione intervistato è che solo le persone benestanti abbiano la possibilità di curarsi prima e meglio. Questo è il motivo per il quale il 65,3% degli intervistati sostiene che la pensione percepita non sia in grado di garantire il benessere nella terza e quarta età e l’84,6% ritiene che, per garantirsi una vecchiaia serena, sia inevitabile investire i propri risparmi.

Diventa quindi fondamentale pensare per tempo alle azioni più idonee da intraprendere per migliorare il nostro benessere finanziario futuro, specie nel momento in cui dovesse presentarsi una condizione di non autosufficienza dovuta a infortunio, malattia o vecchiaia.

Il Gruppo AXA Italia non risponde dei contenuti degli articoli pubblicati

Fonti

https://www.sdabocconi.it/it/faculty-ricerche/ricerca/health-and-life-sciences-knowledge-platform/cergas/osservatori/osservatorio-long-term-care

https://www.censis.it/rapporto-annuale/57%C2%B0-rapporto-sulla-situazione-sociale-del-paese2023-0

https://www.censis.it/lavoro/welfare-incompiuto-famiglie-sempre-pi%C3%B9-vulnerabili-nella-gestione-della-non-autosufficienza

https://www.quellocheconta.gov.it/it/strumenti/assicurativi/polizza-long-term-care-LTC

Scritto da:Miriam Carbone

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